Con Loro Beati, con voi viandanti di speranza

Con Loro Beati, con voi viandanti di speranza,

in cammino di fedeltà a Cristo Sacerdote Misericordioso e Fedele
Omelia per il 40° di Ordinazione Presbiterale

 


“Rendo grazie a Colui che mi ha dato la forza,
Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al ministero…
mi è stata usata misericordia….così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù(…).
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.”
(1Tm1,12.13.14.17).

1. E’ il rendimento di grazie, il primo sentimento doveroso e giusto che prorompe dal mio animo in questa Eucaristia che celebro con voi, Chiesa Santa di Dio, che tento di servire con amore e dedizione, nella consapevolezza, oggi ancora più evidente al cospetto del Dio tre volte Santo, che questo amore e questa dedizione per fragilità mie proprie e per circostanze storiche che l’obbedienza ha voluto per me, spesso risultano faticose e incerte. A voi la pazienza e la benevolenza dell’attesa, a me l’impegno ancor più deciso nel rendermi tutto a tutti.
Da quarant’anni ogni giorno vivo il momento più grande e inverante il mio Sacerdozio: la celebrazione dell’Eucaristia. Il Signore Gesù mi fa dono di entrare nel suo mistero santo. Quanta ricchezza di benevolenza, ma anche quanta povertà di risposta!
Ogni giorno egli manda il suo angelo per purificarmi col carbone del fuoco santo, ma questa purificazione si attarda, si impastoia delle meschinità dei miei egoismi. Entro al cospetto di Dio, ma sul mio volto non traspare la luce accecante della sua santità per mie colpe e mie inadempienze. Sarà duro il giudizio ed esigente la pena!
Oggi chiedo aiuto alla vostra preghiera perché le parole pronunziate dal vescovo che mi ha ordinato presbitero, Mons. Andrea Cesarano, “ renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore” , scavino ancor più dentro di me il bisogno della fedeltà e della coerenza e passi dalla imitazione alla identificazione nel mistero a cui mi è dato accesso.

Con loro Beati

2. Al rendimento di grazie, primo e insostituibile, a Colui che mi ha chiamato al ministero, non posso non aggiungere la gratitudine per i tanti che hanno reso possibile questo dono di grazia e hanno accompagnato con il Sacrificio, con l’esemplarità della vita, con la guida saggia e sicura , il mio cammino Sacerdotale ed episcopale e ora sono parte della moltitudine dei beati.
Non posso non ricordare a me stesso ma anche a voi le due figure di pastori fondamentali nella mia vita Sacerdotale: l’arcivescovo Mons. Andrea Cesarano che mi ha accolto nel seminario arcivescovile di Manfredonia e ha seguito con la paternità sua propria tutto l’itinerario della mia formazione e nel giorno della ordinazione presbiterale nella Chiesa Madre di Peschici il 19 luglio 1965, mi ha indicato nella forza e nel coraggio del Profeta Elia il modello da seguire nel ministero Sacerdotale. Nell’obbedienza fedele alle sue indicazioni ho vissuto i primissimi anni del mio Sacerdozio qui a Manfredonia.
Per venti anni l’arcivescovo Mons. Valentino Vailati è stato padre e maestro del mio servizio pastorale. Devo a lui, come tanti tra voi, fratelli presbiteri e popolo santo, l’amore alla Chiesa di sempre e al volto nuovo che di essa ci ha svelato il Concilio Vaticano II che egli ci ha fatto amare e incarnare con intuito sapiente e saggio. Quante volte ho sperimentato la sua pazienza, capace di stemperare, di frenare indebite fughe in avanti, ma anche la benevolenza del padre che sa guardare con simpatia le scelte dei figli non sempre del tutto condivisibili.
Come non sentire profonda gratitudine per la fiducia e l’amore verso il nostro presbiterio che ha avuto il momento più alto e significativo nella mia elevazione all’ordine episcopale?
Come non ricordare e ringraziare per i tanti gesti paterni con cui ha accompagnato e seguito le primizie del mio servizio episcopale?
Come non chiedere, come faccio ogni giorno, la sua intercessione, perché possa essere pastore saggio, sapiente, paziente e santo come lui ?
Posso tacere il debito di gratitudine verso i tanti Sacerdoti che sono entrati nella mia vita e mi hanno guidato con amore discreto ma efficace?
Penso ai tanti educatori e confratelli nel ministero. In quaranta anni c’è una moltitudine ormai in paradiso per me e per voi. Dovrei nominarli uno per uno, ma i loro nomi sono scritti nel cielo e nel cuore di tanti di noi. Ne cito uno soltanto che mi ha preso per mano fin da fanciullo e mi è stato accanto con amore discreto e generoso fino alla sua morte: il mio caro parroco don Fabrizio Losito. La sua gioia e venerazione per il suo don Mimì diventato vescovo mi commuoveva e mi imbarazzava.
Che dire di mio padre e mia madre che è tornata alla casa del Padre undici anni fa proprio nel giorno della mia prima messa solenne, festa del suo Sant’Elia Profeta? Hanno sofferto, si sono Sacrificati, mi sono stati accanto con una generosità impareggiabile e con una discrezione somma. Il Signore li ricompensi con la beatitudine eterna.

Con voi viandanti di speranza

3. Ma è con voi, fratelli e sorelle, che sono chiamato a percorrere i difficili sentieri della speranza della quale ogni giorno siamo chiamati a dare ragione, secondo le parole dell’Apostolo Pietro. A volte, a giudicare dagli spazi che questa virtù riesce a guadagnare in questo nostro mondo nel quale l’evidenza, il chiasso e il facile accredito pubblicitario della visione negativa e iniqua della storia hanno largo spazio, questa virtù sembra il vaso di coccio costretto a viaggiare con i due vasi di ferro di manzoniana memoria che sono la fede e la carità o il parente povero costretto a fare i conti con i due parenti ricchi.
Noi annunziamo la certezza della presenza provvidente di Dio tra noi. Da Emmaus e fino alla fine dei tempi, in noi c’è la certezza che Cristo, anche se a volte sconosciuto e ignoto, rimane accanto a noi, percorre con noi le strade della delusione e della paura non per farci piombare nel baratro della solitudine disperata ma per sussurrare ai tanti ‘sciocchi e tardi di cuore’ la Parola dell’amore vivo e presente e per spezzare il Pane per il cammino della vita.
Questo nostro mondo così disperato e incapace di gioia vera e duratura perché sa accontentarsi dell’effimero e del ‘carpe diem’, non ha bisogno di aumentare il numero delle prefiche o delle cassandre che piangono sul cadavere della storia. Il Beato Giovanni XXIII, con la sapienza del santo e del giusto, nel discorso di apertura del Concilio Vaticano II , tracciava per la Chiesa una traiettoria di fiducia e speranza: ”A noi sembra di dover dissentire dai profeti di sciagura che annunziano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo”.
La speranza è virtù provata ma è anche virtù donata. C’è un dono che viene dall’alto ma c’è una risposta che, riconoscendo il dono, sale dal basso e diventa a mo’ del granellino di senapa, piccola cosa che inserita nei difficili e a volte riottosi solchi della storia, con la ostinazione di chi si fida di Dio, entra in essa per diventare un albero riconoscibile che offre asilo ai tanti sfrattati dalla gioia e dalla compiutezza della vita.
Sento di essere mandato con il compito di percorrere con voi, viandante tra viandanti, il sentiero di questa nostra storia, segnata, deturpata, abbrutita ma con noi pronti a vangare i suoi solchi, portando sulle nostre spalle la biSaccia del seminatore colma di semi di speranza da gettare in questi solchi per fecondare e riaprire alla genuinità della speranza anche i possibilisti in stato di attesa.
Nell’omelia per l’ingresso nell’ arcidiocesi di Foggia ho scelto come motivo fondante della mia presenza in quella Chiesa, sempre a me cara, la parola dell’Apostolo Paolo: “ Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia” ( 1Cor1,24).
In fondo questa scelta rimane prioritaria nel mio ministero. Perché mandato a voi da Cristo Signore, sento di annunziare lui che è la nostra gioia e la nostra speranza. In fondo non può esserci spazio per la tristezza in coloro che sono rinati alla vita e alla vita dei figli di Dio. Benedetto Croce in una sua opera, ‘Perché non possiamo non dirci cristiani’, rimproverava ai cristiani la tristezza immotivata e il pianto degli sconfitti.
Vorrei essere per voi il manovale della speranza che deve leggersi sul mio volto intriso di luce e di speranza. Ricordo il dolce rimprovero di qualcuno di voi, in qualche giornata un po’ nuvolosa: Padre , non ci privi del suo sorriso. Sì Dio è con noi, non possiamo non annunziarlo con la professione gioiosa della nostra fede e l’esemplare e costante esercizio della virtù della speranza.

In cammino di fedeltà
A Cristo Sacerdote
misericordioso e fedele

4. Nell’itinerario di speranza che siamo chiamati a percorrere come viandanti e pellegrini abbiamo la certezza di un orientamento sicuro che ci evita qualsiasi rischio di smarrimento. Questo sicuro orientamento è il dono che ci fa Cristo Sacerdote sul quale stanno fissi i nostri occhi. Ci fa da maestra e guida Maria, la Santa Madre di Dio: lei ci indica la via, lei apre il nostro cuore e le nostre orecchie all’ascolto del Figlio. Continua ripetere a tutti noi la parola che rivolge ai servi a Cana di Galilea: fate quello che egli vi dirà. Il suo occhio immerso nella contemplazione dell’infinita tenerezza di Dio ci coglie e ci trascina nel mistero dove scopriamo la maestà del Sacerdote Sommo, misericordioso e fedele.
Alla scuola di Cristo Sacerdote e maestro, ci viene svelata e partecipata la misericordia che Dio ha per noi. Chino su di noi, guaritore delle nostre miserie, ricostruttore della nostra vita redenta, coglie sempre la nostra invocazione e l’impegno nuovo per essere segno di amore, di disponibilità, di attenta partecipazione ai bisogni degli uomini. Per voi, fratelli e sorelle, ci ha resi partecipi del suo Sacerdozio, perché la nostra vita ad imitazione della sua, sia capace di offerta e dono costanti, libera dalla tentazione di una bontà e perfezione che ci abilita ad essere giudici che condannano. Il nostro cammino con voi, consci della nostra vita perdonata, e con ogni uomo, è storia di compassione e di amore “per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore “( Eb5,2 ). Il nostro stare sulle strade degli uomini non può vederci frettolosi, distratti e affaccendati come il levita o il Sacerdote. Vogliamo essere samaritani che sanno fermarsi, prendersi cura, chinarsi sulle sofferenze degli esclusi, fasciare l’iniquità del peccato e dell’errore e svelare la discrezione dell’amore che guarisce e accoglie.
Così l’unico Sacerdote misericordioso fa con noi. A questa scuola di misericordia apprendiamo continuamente le coordinate del nostro ministero e del nostro servizio.
La fatica con cui talvolta siamo refrattari a tali segni è indice di quell’altalena di fedeltà e infedeltà con cui rendiamo confuso e non chiaro il nostro rapporto con Cristo.
Le nostre fedeltà spesso sono datate, si accontentano di risposte calcolate, prive della totalità del dono e della generosità dell’offerta.
Ripensando all’arco ormai ampio della mia vita Sacerdotale, devo confessare la costante gratuità e tempestività della misericordia di Cristo Signore e nel contempo devo riconoscere le mie infedeltà, le tante stagioni di un’alleanza incerta se non tradita e di una misericordia che ho sempre invocata e ottenuta ma che talvolta non ho donata per la durezza del mio cuore e per la settorialità del mio amore.
Devo dire ancora e con una consapevolezza più vera e decisa: Kirie eleison, Christe eleison. Signore pietà, Cristo pietà.
In questa invocazione di perdono domando la solidarietà della vostra preghiera.
Davanti a questa santa Chiesa rinnovo, nella gioia di un dono mai rifiutato e per il quale sale sempre al Padre la mia lode e la mia benedizione, l’impegno per una fedeltà che renda meno incerto e più testimoniante il mio cammino verso la santità.

 


19/07/2005 19 luglio 2005, Omelia per il 40° di Ordinazione Presbiterale

Pubblicazione TESTI E DISCORSI DI MONS. DOMENICO D’AMBROSIO