“Chiederò loro conto del mio gregge” (Ez 34,10)

“Chiederò loro conto del mio gregge” (Ez 34,10)
Omelia per il 15° anniversario di Ordinazione episcopale


1. Con tutti voi, chiamati ad essere la Chiesa santa che vive e testimonia la sua fedeltà a Cristo Redentore, “ rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al ministero (…..) Mi è stata usata misericordia (…) così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù” ( 1Tm1,12.13.14 ).
Sì, “è veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno” perché “ continui a colmare di favori questa tua famiglia pellegrina sulla terra e ci offri il segno e lo strumento della nostra unione con te. In questo luogo santo, tu ci edifichi come tempio vivo e raduni e fai crescere come corpo del Signore la tua Chiesa” che è in Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo.
L’evento di grazia e di salvezza che celebriamo è il riconoscimento adorante e grato della continua fedeltà del Dio dell’alleanza che colma di favori il suo popolo, lo accompagna con il suo amore, lo sostiene con la forza del suo Spirito e lo accredita come immagine esemplare e riconoscibile della sua presenza nel tempo e nella storia.
Oggi questo evento che innalza la sua lode e benedizione si arricchisce di due particolari connotazioni che rimarcano la verità del Dio operante e presente nella nostra Chiesa:

• innanzitutto il ricordo del giorno santo, Epifania del Signore 1990, nel quale il ministero pastorale ricevuto nella conSacrazione, mi ha posto ’ di fronte ’ a voi e si esprime in un ‘essere per voi’ che non mi sradica dal mio essere con voi, memore delle parole del grande vescovo e dottore Sant’Agostino:”vobis enim sum episcopus; vobiscum sum christianus ( per voi sono vescovo, con voi sono cristiano);

• c’è poi il motivo che dà gioia grande a tanti di voi e, ve lo confesso, in particolare alla mia persona, per l’inizio del cammino che, se questo è nei disegni divini, porterà agli altari un giovane Sacerdote della nostra Chiesa, di questa città di Vieste, don Antonio Spalatro, che ha percorso in tempi brevi il cammino di fedeltà e di totale donazione a Cristo che nel giorno della sua ordinazione Sacerdotale ( 15 agosto 1949) egli esprimeva nel suo diario con le seguenti parole: “Ho sentito che debbo essere santo, perché lo vogliono loro, le anime (….) Dio mio, che non la perda quest’ansia! Ora ogni mattina m’incontrerò con Voi sull’altare: ditemi tante cose che mi mettano addosso l’ansia della santità”.

Il ricordo del ‘giorno santo’

4.. Quindici anni fa il 6 gennaio 1990, nella Basilica di San Pietro in Roma Giovanni Paolo II ordinandomi vescovo e inviandomi alla Chiesa di Termoli – Larino, mi
impegnava ad essere ‘ministro della divina Epifania’, servo dunque di quella grande manifestazione di luce e di speranza che è il Vangelo di Cristo Gesù:”Annunzia la parola, insisti in ogni occasione, opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina” ( 2Tm4,2 ). Queste parole dell’Apostolo Paolo al suo fedele discepolo, il vescovo Timoteo, ritmano il mio servizio alla parola che salva, sono costitutive del munus docendi affidatomi nella Chiesa, arricchite da quel particolare legame anche affettivo che mi unisce a San Timoteo, le cui reliquie nei nove anni del mio primo servizio episcopale, anche visivamente mi hanno dato conforto e protezione.
Penso all’evangeliario aperto sul mio capo nel giorno della ordinazione episcopale: la Parola che avvolge, custodisce il mio ministero e la mia vita interamente sottomessa alla Parola di Dio nella quotidiana dedizione e predicazione del Vangelo.
Esperimento sempre più nel mio ministero l’ardua missione e il faticoso compito affidatomi. Ma con Pietro, quasi ogni giorno, professo la mia fede: “ Maestro, sulla tua parola getterò le reti” (Lc5,5), cercando e fissando il volto di Cristo per contemplarlo e nel silenzio adorante ascoltare la sua voce, perché sempre più possa essere ministro della epifania del Vangelo per la speranza del mondo.
Oggi con la forza che viene da Lui, dal Cristo Maestro e Pastore, di fronte a voi, fratelli presbiteri, diaconi, popolo santo, sento di ripetere con il Santo Dottore e Vescovo:” Quali che siamo, la vostra speranza non sia riposta in noi: se siamo buoni, siamo ministri; se siamo cattivi, siamo ministri. Se però siamo ministri buoni e fedeli, allora davvero noi siamo ministri”. Ministri del Vangelo per la speranza de mondo”.

3. Il 29 giugno 1999, ancora una volta Giovanni Paolo II, nel consegnarmi il pallio come arcivescovo metropolita di Foggia-Bovino, richiamava l’immagine di Gesù più profondamente collegata al mio ministero: “Io sono il buon pastore” ( Gv10,11 ). In queste parole Gesù afferma la sovranità dell’amore, della dedizione; si contrappone al rimprovero profetico della prima lettura, ai pastori che Dio ha scelto, ma non hanno cura del gregge loro affidato; pascono se stessi!
“Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv10,11). C’è una comunione che rende possibile ma esige anche un impegno totale. Voi che il Signore ha affidato a me siete proprietà di Dio, siete stati acquistati dal Cristo con il suo sangue, siete santificati.
Il pastore conosce i suoi ed è conosciuto dai suoi. So bene che devo venire incontro a voi, devo aprirmi. Devo prendervi sul serio nel vostro essere conosciuti dal Buon Pastore. Devo conoscervi e accogliervi come vi conosce e vi accoglie il Signore, al di là di ogni mia personale stima e libero da giudizi o pregiudizi.
Il pastore chiama le sue pecore e indica il cammino. Questo mi impegna a non lasciar correre le cose, e il gregge; devo avere il coraggio e la chiarezza di guidarvi sulla strada giusta. Bando dunque alla blandizie e ai sotterfugi che tentano di sminuire la forza e la portata della verità del vangelo che annunzio, per garantirmi l’applauso e la stima di un mercato ormai scadente perché abituato ai discount, a norme etiche e sociali imposte da un relativismo che ha abbassato il prezzo della coerenza e della verità con sottoprodotti umilianti e mortificanti la nostra dignità e il nostro servizio alla verità.
Il pastore raduna e unisce. Va in cerca della pecorella smarrita, tenta di raggiungere i lontani, si preoccupa di chi vive ai margini, di chi è bollato con forme di ostracismo che gli negano il diritto d’asilo nella famiglia di Dio, con giudizi ingiusti e Saccenti arbitrariamente usati per condannare ed escludere.
Come vostro pastore, ad immagine dell’unico Buon Pastore, voglio vivere e servire la promozione e la crescita dell’unità di questa nostra Chiesa:

– offrire la vita
– conoscere
– chiamare
– radunare
– cercare
– unire

Disposto a dare la vita perché tutti voi abbiate vita. Questo è il grado di fedeltà e di generosa dedizione che mi viene chiesto dal ministero che per voi mi è stato affidato: dare la vita perché gli altri, voi tutti mi appartenete, poiché siete proprietà dell’unico Buon Pastore: questo vuole essere le ‘stile pastorale’ del mio servizio episcopale tra voi e per voi.
Non cessi l’invocazione a Cristo Gesù,Sacerdote sommo, misericordioso e fedele, perché questa mia fedeltà e questo mio servizio incroci per voi e per me l’itinerario della santità che devo vivere con voi e per voi,”in una comunione che diventa stimolo e reciproca edificazione nella carità”.
Sono ben convinto che il mio essere ministro della comunione e della speranza per voi, popolo santo di Dio, si autentica solo quando cammino alla presenza del Signore: “Non è possibile essere al servizio degli uomini senza prima essere ‘servi di Dio’. E ‘servi di Dio’ non si può essere se non si è ‘uomini di Dio’ ”.

Debbo essere santo

4. “Quando andrò dal mio Padre Spirituale gli dirò: Padre, son disposto anche a tartassare materialmente il mio corpo, purché mi portiate alla vetta cui aspiro: la santità!
Già, ma non è lui che deve farmi santo. Sono io che devo rispondere alla grazia che il Signore certamente mi darà”. Parole che leggiamo nel citato Diario spirituale di Don Antonio Spalatro.
Questo nostro fratello Sacerdote che, come si evince dal suo diario, ha coltivato e vissuto nella ordinarietà e ferialità della sua vita di seminarista e di giovane Sacerdote il desiderio e il proposito di una vita santa, oggi esce dall’ombra e viene posto sul candelabro della nostra Chiesa perché la sua luce riflessa della santità di Dio, possa contribuire a rischiarare le tante nostre tenebre e a fortificarci in quei segnali di impegno e di credibile testimonianza ‘perché il mondo creda” ( Gv !7,21 ).
Il suo arco di vita è molto breve, privo di particolari segni, vissuto nella straordinaria semplicità dei semplici e dei puri di cuore.
Nasce a Vieste il 2 febbraio 1926: “Vado sempre un po’ superbo di essere nato il giorno della Candelora, da quando mi dissero: chi nasce nelle feste della Madonna è predestinato!”
Ragazzo di undici anni entra nel nostro Seminario Arcivescovile di Manfredonia: “gli anni del piccolo seminario sono passati come in una fuga. Poi il liceo. Poi il disastro della guerra. Poi gli altri al Regionale (…..) Certo è questo : entra a poco a poco in me una grande pace, insieme con un sentito desiderio di salire su, verso la santità! Riuscirò ad attuarlo tale desiderio? “
Viene ordinato Sacerdote in questa Chiesa Concattedrale il 15 agosto 1949. “Essere Sacerdote significa essere l’interesse di tante anime che hanno tutti i diritti su di noi….Ho sentito questa personalità nuova in me, questa responsabilità delle anime, di tante e tante anime….”.
Inizia con l’ordinazione Sacerdotale l’intenso fecondo, coerente, appassionato, sofferto, generoso anche se breve, ministero del nostro don Antonio che è segnato da un contagiante entusiasmo e da una sorta di fretta per bruciare tappe pastorali allora quasi impensabili e con una meta ravvicinata oltre ogni calcolo umano: “ Ho l’ansia di fare, di agire, di far vedere che non sto fermo. Lo sento diffuso in me questo senso”.
Mi piace citarvi la testimonianza di un Sacerdote carissimo e nel ricordo di tanti di noi, don Mario Dell’Erba sul nostro don Spalatro: “ Per lui il Sacerdote è l’uomo dal cuore immenso sfondato dall’amore di Dio. Parole sue nel diario:”Gesù, Maria, vi chiedo ancora santità, molta santità”. E allora, dirò, don Antonio è stato un prete coerente alla sua vocazione e alla sua dignità Sacerdotale. Ecco perché non ha mai conosciuto le mezze misure. La mediocrità era un nemico acerrimo. Io direi con una parola moderna: era radicale: o tutto o niente, per lui il prete “o è santo, ricco di vita interiore, o non è prete”. C’è poco da fare! Ed è sempre vissuto caparbiamente, sul filo di questa logica intransigente, punto fondamentale della sua vita Sacerdotale e del suo ministero, vale a dire della sua attività pastorale”.
Il 26 novembre 1950 gli viene affidata la Parrocchia SS. Sacramento. Dal suo diario: “Da oggi il mio diario può portare questo titolo:
“ Il suo tormento erano le anime che il Signore gli aveva affidato, afferma nella citata testimonianza don Mario Dell’Erba. Si capisce bene allora, perché in tanta febbrile attività, ogni tanto crollasse, non tanto fisicamente, quanto spiritualmente, perché appariva stanco, provato, sfiduciato, nervoso. Non riusciva talvolta a controllare qualche scatto sporadico, perché era duro quando reagiva, ma ne era mortificatissimo”.
La sua azione pastorale è quasi frenetica ma è la sua intensa vita di preghiera a sostenere e fecondare le innumerevoli fatiche e iniziative apostoliche: vita liturgica e Sacramentale,chierichetti, cantori, oratorio, scuola catechistica, azione cattolica, cura pastorale degli ammalati, aiuto a famiglie bisognose.
Tutto questo intenso lavoro pastorale non gli impediva di operare scelte motivate e frutto di intelligenza pastorale. Dal diario.” Oggi il Signore mi ha fatto capire due cose:
– devo cambiare rotta con i bambini. Non un direttore di giochi, ma un direttore di anime;
– devo studiare per saper rispondere bene alle faziosità delle persone avverse”.
La sua diventa in breve tempo una parrocchia viva e partecipe, che arriva a una fecondità apostolica insperabile perché raggiunta in pochissimi mesi.
Inizia però il calvario della sofferenza fisica. L’aveva chiesta: “ Sarà un’ispirazione? Sarà un invito del Signore? Da qualche giorno sento di dover chiedere nella Prima Messa, come grazia che Gesù concede necessariamente al suo nuovo Sacerdote, quella di dover soffrire, soffrire molto per poter convertire le anime ( 8 agosto 1949)”.10
Muore il 27 agosto 1954. Ma siamo certi : vive in Dio, della vita dei redenti, dei salvati, dei risorti.
Quello che oggi iniziamo è il segno di questa vita nuova e immortale: è il chicco di grano che caduto in terra marcisce e porta frutto, il frutto della santità a gloria dell’unico Santo per la fecondità della sua Chiesa.

5. Signore Gesù,
Sacerdote sommo, misericordioso e fedele,
io, povero e misero pastore,
innalzo a te la mia preghiera
che è lode e benedizione
per il dono grande che hai voluto elargirmi
costituendomi pastore, maestro e santificatore
di questo tuo popolo
oggi convocato
in questo tuo tempio santo.
Tu ben conosci limiti e inadempienze
che mi rendono sentinella non vigile
e cisterna screpolata,
incapace di far scorrere
i fiumi d’acqua viva per irrorare e fecondare
una porzione eletta della tua vigna.
Tu conosci quanto vero e senza riserve
è l’amore che voglio donare
a coloro che tu mi hai affidato.
Mi affido alla tua clemenza
che sa perdonare, cancellare e ri-creare.
Ti domando:
“Dio di verità,
fa di me tuo servitore un vescovo vivente,
un vescovo santo nella successione
dei tuoi santi Apostoli”
(Sacramentarium Serapionis)
Che possa risplendere in me
il fulgore della tua santità,
perché quando a me apparirai tu,
Principe dei pastori,
possa meritare
la incorruttibile corona di gloria ,
quella corona che da oggi
come Chiesa pellegrina
in questo nostro Gargano
domandiamo
per il tuo servo fedele,
il Sacerdote Antonio,
che ti ha seguito
nella straordinaria ordinarietà della sua vita,
sempre anelante “all’unica arma necessaria del prete:
la santità”.
Che questo evento di grazia
si trasformi per tutta la nostra Chiesa
in tempo favorevole,
tempo di amore e tempo di grazia,
per affossare le mediocrità che accettiamo
come comodi alibi al disimpegno
per una vita e una testimonianza
forte, decisa, profetica, santa.

Esaudisci, Signore,
questa nostra invocazione
e dona al tuo servo, il Sacerdote Antonio
la pienezza della gloria in cielo
e l’esaltazione delle sue virtù
qui in terra.
Amen

 


05/01/2005 5 gennaio 2005, Omelia per il 15° anniversario di Ordinazione episcopale