“…..si Prostrarono e lo Adorarono……”

“…..si Prostrarono e lo Adorarono……”

Data: 06/01/2011

Omelia di Mons. Arcivescovo nella Solennità dell’Epifania – Lecce – Cattedrale, 5 gennaio 2011

1. AL Signore Gesù che si fa epifania nella nostra carne mortale non possiamo non esprimere il grazie per la ricchezza di doni riversati su di noi in questi giorni nella celebrazione del mistero del suo Natale.
Abbiamo visto, abbiamo contemplato, abbiamo toccato con le nostre mani ancora una volta il misterioso scambio, come recita la liturgia, che ci ha redenti: la nostra debolezza assunta dal Verbo, la nostra fragile umanità innalzata a dignità perenne.
Anche noi abbiamo visto spuntare la sua stella e abbiamo rinnovato il gesto dell’adorazione. Nel Bambino avvolto in fasce abbiamo riconosciuto il Signore e a lui ci siamo prostrati. Non abbiamo da offrire doni perché gli offriamo la nostra vita. Non è di grande valore perché segnata dal peccato. Ma il Signore Bambino la impreziosisce con il dono del suo amore.
Ancora oggi c’è sempre qualche Erode di turno che tenta di ingannarci e di depredarci, con la subdola arte dell’ipocrisia e talvolta della violenza mascherata della verità e dell’unicità della salvezza che solo il Bambino nato per noi, può donarci .

2. SIAMO in tanti a condividere questa Eucaristia e non posso non dirvi grazie perché con la vostra numerosa e orante presenza date maggior fiato e spessore al mio incerto rendimento di grazie per il dono dell’episcopato, dono che rende possibile la mia presenza , il mio ministero, la mia dedicazione senza riserve e senza risparmi, senza rimpianti e senza nostalgie, senza paure e senza presunzioni, senza proroghe e senza piagnistei, a questa Chiesa di Lecce che ci accoglie e che è nostra madre.

Lungo il tempo di questo mio servizio, ventuno anni, breve il tempo che mi rimane e che lo andrà a concludere, se così piacerà a Colui che mi ha scelto, chiamato e inviato.

Intendo continuare a viverlo in pienezza e fino in fondo, senza voltarmi indietro per tentare dei bilanci, operazione anacronistica e narcisistica che pretende arrogarsi e far suo ciò che è del Signore Dio. La fatica del lungo, movimentato e variegato servizio episcopale, non giustificherà alcuna sosta o rallentamento. L’entusiasmo e la gioia non verranno meno, non saranno accantonati. Non diraderanno l’impegno, la fedeltà, la presenza, l’animazione il richiamo a camminare insieme sulle strade del Vangelo, non scegliendo le complanari parallele ma percorrendo le strade del mondo, ben convinti e consapevoli che non sono le nostre. Non possiamo dimenticare che siamo nel mondo come in una prigione ma sosteniamo il mondo, fedeli al compito e al posto che il Signore ci ha assegnati e che non ci è lecito abbandonare, come ci ricorda la lettera a Diogneto.

Uno dei segni di questo mio impendam et superinpendam, pro animabus vestris del mio spendermi per voi, del fare della mia vita una rinnovata offerta e dedizione a tutti voi che voglio ancor più amare, conoscere, confermare nella fede, rianimare nella speranza e alla speranza,
sarà un mio particolare venire a voi per fermarmi a casa vostra, come Gesù nella casa di Zaccheo.
Con la forza e il dono dello Spirito, sostenuto dalla grazia e dall’amore del Pastore dei Pastori, Cristo Signore, con l’intercessione e il sostegno dei Santi nostri Patroni, di S. Carlo Borromeo, modello del Pastore che visita il suo popolo, vivrò con tutti voi la grande avventura della visita pastorale che, con l’aiuto e il sostegno del Signore e la forza del suo Spirito, muoverà i suoi passi all’inizio del prossimo anno pastorale, nell’anniversario della dedicazione della Chiesa Cattedrale, domenica 6 novembre.

Fin da ora chiedo a tutti voi il sostegno della preghiera, nell’attesa di quegli adempimenti preparatori che ci vedranno impegnati fin dalle prossime settimane.

3. IN QUESTA celebrazione il Signore offre a me e a tutti voi un altro piccolo segno della benevolenza con cui accompagna il nostro cammino.

Fra poco celebrerò per alcuni nostri giovani in cammino verso il Sacerdozio, Deo favente et opitulante, il rito per l’istituzione del ministero del lettorato a Riccardo Calabrese della Parrocchia Maria SS. delle Grazie , Emanuele Cordella della Parrocchia S. Francesco d’Assisi in Campi Salentina e Mattia Murra della Parrocchia Maria SS. Assunta in S. Pietro Vernotico e del ministero dell’accolitato ad Alessandro Mele della Parrocchia Sant’Andrea Apostolo in Novoli.

La preghiera gioiosa e grata di tutti noi per questi doni ma anche la preghiera perché nella meditazione assidua riescano a trasmettere fedelmente la Parola loro consegnata e, crescendo nella fede e nella carità, la loro vita sia degna del servizio alla mensa del Signore e della Chiesa.

4. CELEBRIAMO la straordinaria e misteriosa avventura di questi anonimi cercatori, i magi: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo “ (Mt2,2) . Questi uomini che la tradizione ha variamente interpretato e arricchito di particolari in realtà inesistenti nel testo, forse hanno dato ascolto a una parola che nel silenzio della loro vita in modo misterioso, dava voce a un profondo e interiore desiderio: conoscere, adorare qualcuno che poteva dare pienezza, compimento alla loro esistenza inquieta perché non trovava risposte adeguate. Si sono accontentati di un segno indecifrabile, una stella che non sempre orientava e guidava. I dubbi, le paure di perdere l’unico segno che li orientava, si materializzano a Gerusalemme: non c’è più la stella! Chiedono, domandano dov’è nato il re dei Giudei. Cercavano un re, hanno trovato un bambino, per di più povero e privo di quei connotati che lo assegnavano a una classe nobile e potente! Dio che non ha nulla di grande e di infinito. Si presenta con il volto della tenerezza, della debolezza, della fragilità, con il volto di un bambino della nostra martoriata e povera umanità che brilla però della sua stessa luce.
I Magi scoprono il ‘re dei Giudei’, nel Bambino a loro presentato dalla Madre. E’ l’imprevisto e l’inatteso. La gioia è grande e la fede che nasce ancora di più perché “si prostrarono e lo adorarono” (Mt2,11).

Questo Bambino che noi adoriamo e riconosciamo Signore, è per noi ‘epifania’ dell’amore del Padre e del suo volerci figli nel Figlio?

Muoveremo i nostri passi, usciremo dalle nostre insicurezze, accetteremo il cammino a volte buio e incerto della nostra fede, continueremo a fare della nostra vita un lungo itinerario che cerca i segni della presenza di Dio e senza pretendere la grandiosità dell’evento sa leggere nel quotidiano colui che è venuto, che viene e che è l’Emmanuele che fissa la sua tenda nella povertà della nostra accoglienza?
Anche noi cerchiamo Dio, vogliamo vederlo, vogliamo avere le nostre conferme,. Talvolta i segni latitano. La fede ci costringe ad accontentarci di segni che non sono quelli che possono garantire, sicurezza, potenza, forza. Dobbiamo arrenderci all’epifania che lui prepara per noi. Dobbiamo arrenderci a un Dio che non ha nulla di grande e di infinito. Si presenta con il volto della tenerezza, della debolezza, della fragilità, con il volto di un bambino della nostra martoriata e povera umanità che brilla però della sua stessa luce.
I Magi scoprono il ‘re dei Giudei’, nel Bambino a loro presentato dalla Madre. E’ l’imprevisto e l’inatteso. La gioia è grande e la fede che nasce ancora di più perché “si prostrarono e lo adorarono” (Mt2,11).

Questo Bambino che noi adoriamo e riconosciamo Signore, è per noi ‘epifania’ dell’amore del Padre e del suo volerci figli nel Figlio?

Muoveremo i nostri passi, usciremo dalle nostre insicurezze, accetteremo il cammino a volte buio e incerto della nostra fede, continueremo a fare della nostra vita un lungo itinerario che cerca i segni della presenza di Dio e senza pretendere la grandiosità dell’evento sa leggere nel quotidiano colui che è venuto, che viene e che è l’Emmanuele che fissa la sua tenda nella povertà della nostra accoglienza?

Autore/Fonte: Mons. Domenico D’Ambrosio