“SIAMO VENUTI AD ADORARE IL SIGNORE “

“SIAMO VENUTI AD ADORARE IL SIGNORE “

L’Omelia di Mons. Arcivescovo durante la ricorrenza di 24 anni del suo Episcopato e per le Ordinazioni Presbiterali e l’Ordinazione Diaconale di Riccardo, Mattia, Alberto, Federico

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Noi perché siamo qui? Non ci può essere una risposta diversa da quella dei Magi: siamo venuti ad adorare il Signore. Siamo parte di quella moltitudine di genti che, secondo l’immagine del profeta Isaia nella prima lettura, vengono da lontano portando oro, incenso e mirra, proclamando le meraviglie del Si­gnore. Questa sera proclameremo la grande meraviglia che il Signore sta per compiere nella nostra Chiesa, investendo e rendendo partecipi della ricchez­za unica del suo Sacerdozio alcuni nostri figli e fratelli.

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Come i Magi vediamo e contempliamo il Bambino che è nato per noi con Maria sua madre. Questo incontro ci inserisce nella schiera dei molti, dei tanti che sull’esempio dei pastori di Betlem, dopo aver incontrato e adorato il Salvatore, “riferirono ciò che del bambino era stato detto loro… glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevamo udito e visto” (Lc 2,17.20).

DA VENTIQUATTRO ANNI SERVO DELL’EPIFANIA

Non posso dimenticare quello che ha significato per me il particolare e irripetibile incontro con il Bambino di Betlem ventiquattro anni fa quando la grazia del Sacramento dell’episcopato, mi ha costituito, secondo la parola del Successore di Pietro, il Beato Giovanni Paolo II, “ministro fedele e instanca­bile della divina Epifania”.

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Da allora, attraverso gli strani, vari e inimmaginabili percorsi a cui l’obbedien­za mi ha condotto, ho sentito e cercato di vivere la consegna affidatami quale “speciale amministratore della divina Epifania”. In questo mio camminare alla luce della stella del mattino mi ha accompa­gnato la certezza che mio compito è portare Cristo, manifestare Cristo, far conoscere Cristo.

SIAMO TUTTI CHIESA IN USCITA

Questo compito fa vivere e richiama a me e a tutti voi la dimensione che mai deve abbandonare la nostra fatica e la nostra testimonianza. Oggi, ci ricorda Papa Francesco nella Evangelii Gaudium: “tutti noi siamo chiamati a crescere come evangelizzatori… tutti siamo chiamati ad offrire agli altri la testimonianza esplicita dell’amore salvifico del Signore”(n.121). “La Chiesa in uscita è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano” (n.24).

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I Magi sono i protagonisti della liturgia di questo giorno: una stella li guida, cercano, domandano, trovano il Bambino, con Maria sua madre, si prostrano, lo adorano, aprono i loro scrigni, offrono oro, incenso, mirra. Poi… “per aliam viam reversi sunt in regionem suam” (Mt 2,12). Avvertiti in sogno scelgono un’altra strada per tornare a casa. Perché una strada diversa? C’è una novità: ormai anch’essi sono rivestiti di luce, la gloria del Signore che hanno incontrato e adorato brilla su di loro. Non devono tornare da Erode.

PER ASCOLTARE BISOGNA FARE SILENZIO

Per ascoltare bisogna tacere, fare silenzio, entrare nel mistero della contem­plazione. Fatevi raggiungere, misurare, penetrare dalla Parola. Noi, ministri della Parola, abbiamo bisogno, ci ricorda Papa Francesco, di dedicare alla Parola “un tempo prolungato di studio, di preghiera, riflessione e creatività pa­storale” (n.145).

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Dovete, dobbiamo lasciarci commuovere dalla Parola e farla diventare carne nella nostra esistenza concreta, accettando “di essere feriti per primi da quella Parola che ferirà gli altri” (n.149) perché essa è come una spada che penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito. La dirò al diacono Federico consegnandogli il libro dei Vangeli, la ripeto a voi Alberto, Mattia, Riccardo, ordinandi presbiteri, la ripeto a voi fratelli presbiteri: credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni.

VI È CONSEGNATA LA PAROLA CHE SALVA

In questa gioiosa Eucaristia non noi ma il Signore porta alla nostra Chiesa un grande dono: l’ordinazione presbiterale di Riccardo, Mattia, Alberto e l’ordi­nazione diaconale di Federico. Ancora una volta ha guardato a questa sua/ nostra Chiesa: ha scelto, ha chiamato, ha ricevuto la risposta: Eccomi. Il contesto nel quale, carissimi ordinandi, state per accogliere il dono assu­mendone gli impegni è quello che sta dopo e dentro il silenzio che segue l’omelia, cioè dentro la risonanza viva della Parola.

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Dio ha parlato e da quella Parola ascoltata nasce il Sacramento dell’Ordine. A voi questa sera è conse­gnata, nel contesto di una Chiesa convocata in assemblea santa, la Parola che salva. Di essa siete ministri e debitori nei confronti del Popolo di Dio. Siate consapevoli, come ci ricorda il Beato Giovanni Paolo II, che le parole del vostro ministero non sono vostre, ma di Colui che vi manda. Sappiate ascoltarlo convinti che non esiste altra via se non quella dell’ascolto per conoscerlo.

IL PRIMOGENITO

Da questa sera, carissimi Alberto, Mattia, Riccardo, direte sul pane e sul vino le parole di Gesù: prendete… mangiate… prendete… bevete…, obbedendo al suo comando di fare questo in memoria di Lui e spezzerete il pane.

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Un gesto carico dell’offerta della nostra vita. L’offerta di Gesù, fratelli miei presbiteri, e l’offerta della nostra vita sono inseparabili. Vado oltre: non possiamo separare lo spezzare il pane dal dono di noi.

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Allora davvero l’Eucaristia entra nella nostra carne. Ed è straordinariamente grande poter osare e dire che nel diventare pane spezzato, pane da man­giare, è contenuto il significato più intimo, più profondo del nostro esercitare il ministero per la Chiesa. Ecco il grande segno, il grande miracolo, il grande mistero che da questa sera entra nella nostra vita.

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