Non so parlare perché sono giovane

Non so parlare perché sono giovane

Data: 19/08/2010

Omelia per l’Ordinazione Presbiterale dei Diaconi Giorgio Margiotta e Antonio Riva Tiggiano 19 agosto 2010

1. “Pace e carità con fede da parte di Dio Padre e del Signore Gesù Cristo. La grazia sia con tutti quelli, con tutti voi, fratelli e sorelle carissimi, che amate (amano) il Signore nostro Gesù Cristo con amore incorruttibile “ (Ef6,23-24).

A questo augurio di benedizione e di pace c’è un primo atteggiamento che deve animare e muovere questa santa assemblea: la lode e la gratitudine al Padre per il dono che fa a questa comunità: due suoi giovani riceveranno, per l’imposizione delle mie mani, lo Spirito Santo che li renderà partecipi dell’unico Sacerdozio di Cristo Gesù. Sacerdoti per il regno di Dio a servizio dei fratelli.

Cari Antonio e Giorgio, il vescovo che vi ha accompagnati nell’itinerario vocazionale con il suo saggio e sapiente discernimento: Mons. Vito De Grisantis, è stato chiamato dal Signore alla pienezza della beatitudine celeste. Oggi la sua preghiera, che è

per voi due tre doni che la Parola proclamata vi porta:

* “ Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che ti ordinerò” (Ger1,7)
Fedeltà alla Parola

• “ Noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri” (Rm12,5)
Servizio alla e per la comunione

• “ Voi siete il sale della terra…Voi siete la luce del mondo…(Mt5,13.14)
Fedeltà luminosa e sapiente

Avvertiamo nella forza della comunione che lega la terra al cielo, la presenza di Mons. Vito e confidiamo tutti nella sua preghiera d’intercessione davanti al trono dell’Agnello.

2. Fratelli e sorelle che vi unite al vescovo e ai presbiteri concelebranti nella grande preghiera di
conSacrazione, questi due giovani diaconi vi appartengono, sono il frutto anche della vostra
preghiera che li ha accompagnati nel tempo della loro formazione. Ora saranno conSacrati come Sacerdoti del Dio Altissimo e al servizio di Cristo maestro, Sacerdote e pastore, annunzieranno la Parola, celebreranno i misteri santi, guideranno il popolo che sarà loro affidato come pastori pronti a dare la vita, misura di ogni vera bontà.

Chi non è disposto a perdere la vita per coloro che gli verranno affidati, ce lo ricorda Gesù nel Vangelo, è un mercenario cioè non è pastore perché se vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge.

Fratelli cari, non esiste un’altra via: o si è pastori o si è mercenari. La parola di Gesù ci prende al cuore e ci obbliga a scegliere. “ I presbiteri, ci ricorda la Pastores dabo vobis, sono nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione Sacramentale di Gesù Cristo, Capo e Pastore…., ne esercitano l’amorevole sollecitudine, fino al dono totale di sé per il gregge che
raccolgono nell’unità e conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito” (n.15).

Noi Sacerdoti veniamo configurati dallo Spirito Santo, mediante l’unzione Sacramentale, a Gesù Cristo Capo e Pastore. Questo è il modo tipico con cui partecipiamo all’unico Sacerdozio di Cristo Gesù. Il nostro modello unico è Lui. Chiamati dunque a donare la vita per Cristo e per i fratelli, come canta il prefazio di questa liturgia, siamo costantemente impegnati a conformarci all’immagine del Figlio per rendere così testimonianza di fedeltà a di amore generoso.

3. Ora mi preme sottolineare quello che la Parola di questa liturgia dice in particolare a voi due e a noi presbiteri che oggi con voi riviviamo la gioia e l’impegno che il Sacramento donatoci, chiede ogni giorno come costante e rinnovata risposta

• di fedeltà alla Parola che ci è stata consegnata nonostante la giovane età: dirai tutto quello che ti ordinerò

• di servizio alla e per la comunione: siamo un solo corpo in Cristo, e ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri
• di fedeltà luminosa e sapiente: Voi siete la luce del mondo…voi siete il sale della terra

a. Il Concilio Vaticano II in diversi documenti, soprattutto nella PO ha messo in risalto il forte nesso fra parola di Dio e ministero presbiterale. Il vostro si connoterà soprattutto come diaconia, ministero della parola alla quale siete stati affidati. Con le parole dell’Apostolo Paolo, a Mileto agli anziani di Efeso “Io vi affido a Dio e alla parola della sua grazia” (At20,32). Non la Parola affidata a voi ma voi siete affidati alla Parola. Questo dona pace e serenità. Prima di portare la parola siete portati dalla Parola, alla quale dunque vi dovete consegnare in una fedeltà che non può conoscere distorsioni, personali interpretazioni o indebite irruzioni per snaturarne o diminuirne il forte impatto di salvezza e redenzione

che essa dona a coloro che l’accoglieranno integra dalla vostra bocca.

Non vi è concessa la possibilità di acclimatarla ai gusti del momento, delle mode, delle riduzioni che potrebbero renderla più accetta al palato degli uomini
di oggi. Sappiamo che è da mangiare anche se al primo impatto può risultare amara come il fiele ma l’amarezza dell’accoglienza si trasforma nella dolcezza di una vita da essa rigenerata, rinnovata, trasformata.

b. Servitori della comunione.

Nella seconda lettura Paolo ci ricorda che , come nel nostro corpo esiste un rapporto tra pluralità e unità, così è per noi credenti. C’è una pluralità molti, ma c’è una unità un solo corpo che scaturisce dall’unione con Cristo. Nasce da qui il corpo mistico di Cristo, differenziato nelle sue membra e nelle specifiche distinte funzioni, ma costituito in una unità: la comunione, dono e mistero. Un dono che è una perla preziosa che va salvaguardata, custodita e conservata

nel suo splendore e nella sua nitida bellezza. Della comunione ecclesiale il Sacerdote è servo. Con il vostro vescovo e con i fratelli presbiteri costituite un unico presbiterio “armonicamente unito al vescovo come le corde alla cetra”, secondo l’espressione di Sant’Ignazio di Antiochia. Chiamati dunque a vivere l’armonia del canto dell’amore.

Non si può essere ‘servi della comunione ecclesiale’ senza vivere o poco impegnati nella comunione presbiterale.

Sono ben certo che il vescovo che il Signore vi darà, mi auguro in tempi brevi, sarà per voi, come ci ricorda il Vaticano II, padre, fratello, amico, liberi di poterlo incontrare, di dialogare con lui, di essere ascoltati, confortati, confermati nella fedeltà del vostro ministero, di condividere e vivere con lui la sollecitudine per la vostra Chiesa.

Altrettanto importante, necessaria e testimoniante, la comunione tra voi. La PDV sottolinea: “Ciascun Sacerdote, sia diocesano che religioso, è unito
agli altri membri del presbiterio sulla base del Sacramento dell’Ordine, da particolari vincoli di carità apostolica, di ministero e di fraternità” (n.17). Noi presbiteri siamo chiamati a rifuggire da ogni logica individualistica, dal chiuderci negli stretti confini che il ministero pastorale ci assegna, con il rischio di un’aria che a lungo andare può diventare malsana e asfittica. Non possono essere di casa tra noi, l’isolamento, la sufficienza, le marcate singolarità.

La comunione del presbiterio al suo interno e nella Chiesa tutta, è la ‘via sicura’ perché la Chiesa, ci ricordava Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte risplenda sempre più come “casa e scuola di comunione”( n.43).

C. Chiamati ad essere luce del mondo e sale della terra, dobbiamo, dovete nell’esercizio del ministero Sacerdotale inviare fasci di luce , con l’esemplarità della vostra vita, per illuminare i tanti

che il Signore porrà sul vostro cammino. Il rischio da cui guardarci, perché è sempre incombente sulla nostra vita, è quello di far perdere la bellezza del gusto della fede, diventare sale insipido che non fa amare, non crea l’attenzione, l’interesse e il desiderio di Cristo Gesù. Sarebbe bello che anche noi diventiamo, anche se in modo imperfetto, trasparenza della luminosità di Gesù di Nazaret.

Talvolta, a fronte della fatica della fede e dei non riscontri al nostro operare, ci lasciamo prendere da una sorta di abdicazione al nostro compito e alla nostra missione, privando il mondo, i fratelli del beneficio della testimonianza limpida e accattivante. Sarebbe bello se il miracolo di Ars trovasse nuovi fruitori, frutto della nostra fedeltà luminosa e sapiente.

A un pellegrino recatosi ad Ars non per incontrare ma solo per vedere il Santo Curato, viene chiesto cosa avesse visto. Una risposta semplice ma eloquente: ho visto Dio in un uomo! Se questi segni si

moltiplicassero, quanta luce per illuminare e quanto sale per ridare gusto, sapore e freschezza alla fede in Cristo Gesù!.

Carissimi fratelli e figli, almeno per oggi vi sono padre: non è che un pensierino anzi un impegno grande per questa via di luce e di sale che è la santità, non lo stiate facendo anche voi, insieme a me, ai fratelli presbiteri e ai tanti che costituiscono la santa e gioiosa assemblea di questo Vespro?

Deus scit, Deus adiuvet, Deus illuminet.
Amen

Autore/Fonte: Mons. Domenico D’Ambrosio