” Vi ho chiamato Amici ”

” Vi ho chiamato Amici ”

Data: 26/08/2010

Omelia per la solennità dei Santi Oronzo Giusto e Fortunato – Lecce 26 agosto 2010

L’invito della liturgia è a rallegrarci tutti nel Signore celebrando questo giorno di festa in onore dei Santi Oronzo, Fortunato e Giusto.

La nostra comunità è in festa perché questi nostri Santi Patroni con la testimonianza del martirio hanno trasmesso a noi la forza della fede che continua, a distanza di secoli, a garantire alla nostra comunità la certezza di non essere irretiti e ingannati dai tanti altri progetti di vita , ce ne sono tanti sul mercato, che hanno il pregio, meglio il difetto di abbagliare all’inizio e deludere poi, di risultare convincenti e appaganti e catturare nell’immediato ma poi manifestano da subito il loro inganno perché ci schiavizzano, privandoci di quella libertà vera che noi abbiamo incontrato nella fede e che ci è caro difendere perché dono di Dio ma anche impegno e nostra faticosa conquista.

Nel brano del vangelo a noi proclamato i pochi versetti ci presentano il nuovo stile di Gesù nel rapporto con i discepoli, i diretti interlocutori di Gesù, non più servi ma amici,. Questa intimità di rapporti dalle tre scelte che cambiano il rapporto di Gesù con i suoi:

* “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” ( Gv15,13-16 )
La prova di un amore sicuro, certo che elimina ogni dubbio sta qui: quando si dona la vita. In qualche modo in queste parole si intravvede la morte in croce, il prezzo pagato da Gesù a favore dei suoi amici. Ma è anche il prezzo che gli amici di Gesù, i testimoni, i martiri hanno pagato per Lui

* “ Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi “ ( Gv15,15 )
La libertà dell’amicizia è frutto di una iniziativa del Padre e di Gesù, ma dipende certamente anche dall’accoglienza che il discepolo messo a parte dei segreti di Dio riserva alla rivelazione fatta da Gesù,

* “ Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”
( Gv15,16 )
E’ Cristo che Sceglie, la salvezza è totalmente gratuita e dunque è sempre indispensabile l’impulso divino:”Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato ( Gv 6,44 ). Gli amici di Gesù non sono quelli che prendono l’iniziativa di esibirsi, e di per sé non sono neanche dei volontari almeno nella fase iniziale. Lui chiama, lui sceglie, lui coopta nel numero degli amici quelli che vuole.
Sceglie per un compito, per una missione : “vi ho scelto perché andiate e portiate frutto”. Il frutto è diventare discepoli, è dare gloria al Padre osservando i suoi comandamenti tra cui primeggia quello dell’amore.

Possiamo ben dire da quello che conosciamo della vita, della fedeltà, della missione, della testimonianza dei nostri Santi che essi hanno realizzato in pienezza il mandato che il Signore Gesù affida ai suoi discepoli di andare, è la storia del primo annunzio del Vangelo nelle nostre terre. Il frutto di questo annunzio autenticato dal sangue del martirio siamo anche noi l’ultimo, attuale anello della catena della fede che non si è mai interrotta e che continua a saldarci alla vera roccia che è Cristo.

Sta qui, carissimi tutti, il senso vero della devozione e della venerazione che ci lega ai Santi Patroni. Apprendere da loro, averli come modelli che possono aiutarci e sostenerci nella quotidiana fatica per accogliere Cristo che ci considera suoi amici per metterci a parte dei segreti del Padre, per farci entrare in qualche modo nella sua vita perché siano in noi gli stessi suoi sentimenti, la sua stessa passione per l’uomo, per ogni uomo perché diventi figlio di Dio discepolo del suo Vangelo, pronto a portare frutto anche se il prezzo richiesto è la totalità dell’amore che offre la vita per il grande amico.

Non avrebbe senso la nostra venerazione se smarriamo o snaturiamo il senso vero di questa singolare e consolidata devozione.

C’è un interrogativo che voglio porre alla vostra attenzione e riflessione. Non farei il mio ‘mestiere’ di vescovo se rinunciassi all’ufficio che mi è proprio: quello di essere maestro nel nuovo Israele, la Chiesa, e specificatamente in questa nostra Chiesa di Lecce. Me e ce lo ricorda l’insegnamento della Chiesa: “ I vescovi….sono i dottori autentici, cioè rivestiti dell’autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare alla pratica della vita “ ( LG25).

Il nostro modo di celebrare la festa dei nostri Santi è un vero atto di lode al Padre per questi suoi amici?

Le giornate di festa che noi celebriamo sono sempre e soltanto un rallegrarci nel Signore per questi Santi che ci ha donato?

Tutto quello che facciamo ci conduce a un incontro ravvicinato con Dio attraverso la testimonianza grande di fedeltà a Cristo che i nostri Martiri ci hanno lasciato come esempio perché ne seguiamo le orme?

Tutto il ricco apparato esteriore che anima , vivacizza la vita della comunità, ove ce ne fosse bisogno, la full immersion nel pluriforme mondo del folklore, quale forza di richiamo religioso esercita su di noi, sulla comunità, per una vita nuova, per un serio itinerario di riavvicinamento, di conversione che ci faccia avvertire la tristezza per un deludente nostro impegno di risposta alla vocazione alla santità?

Vaste ed esigenti le richieste, leggo e si dice di molti, perché aumentino ancora più le attrattive, gli intrattenimenti, i circenses, direbbero i nostri avi latini.

C’è però la prima parte dell’assioma di imperiale romana memoria che domanda una risposta: panis, il pane. I poveri, quelli, secondo la parola di Gesù, che saranno sempre con noi, dove sono, chi li sostiene, chi si ricorda di loro? Può bastare un lauto pranzo in questo giorno solenne a tacitare le voci della nostra coscienza? E la crisi economica, e i problemi gravi che affliggono tante famiglie e lo sbandamento a cui esponiamo le nuove generazioni che non riescono a trovare un lavoro che metta a frutto le loro potenzialità e il loro bisogno di certezze, le tante, ancor più diffuse povertà, le conosciamo, possono essere accantonate lasciando, si fa per dire, tranquilli noi cristiani?

So che quanto vi sto dicendo amareggia qualcuno, ma mi auguro che diventi un tormento per tanti come lo è per me e per moti tra voi.

Credo che c’è molto di non autentico, di non cristiano in quello che stiamo facendo invocando la complicità della festa dei nostri Santi. So che uno, due, cento tra voi sono d’accordo con me. Ma non si può e non si deve dire. Se tacessi anch’io non sarei un vero ‘maestro nel nuovo Israele’, risulterei non fedele la mandato ricevuto che Paolo ricorda a Timoteo:“ predica verbum, insta opportune, importune, argue, obsecra, increpa in omni patientia et doctrina , annuncia la parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, con ogni magnanimità e insegnamento. (2Tm4,2). Che non stia per avverarsi anche per noi il prosieguo di ciò che l’Apostolo continua a ricordare al discepolo fedele? “Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole” ( 2Tm4,3-4 ).

Sono convinto, orientato e deciso per un salutare rinnovamento Credo che qualcosa con pazienza e senza strappi incomprensibili dovrà cambiare nel modo con cui viviamo la festa religiosa per la quale ho il diritto/dovere di proporre norme e suggerire indicazioni perché questa dimensione che è prioritaria, non diventi la cenerentola.

Insieme con tutti voi fratelli e sorelle, con la collaborazione del comitato feste patronali che vedrà nuovi e più opportuni suggerimenti, con l’intelligente e sapiente collaborazione dei fratelli presbiteri, fin dall’anno prossimo vivremo in modo nuovo, più austero, questo tempo che dovrà non più essere esposto alle passeggere esteriorità che durano lo spazio di un mattino e non lasciano alcuna traccia; ma dovrà essere un tempo di rinnovamento, di riscoperta della comunione nella fede gioiosa che ci riappropri della qualità e della bontà della testimonianza.

Cari Santi Nostri Patroni Oronzo, Fortunato e Giusto, sosteneteci in questo cammino.

Aiutateci con la vostra intercessione a sentirvi più vicini.

Siate per la nostra fede talvolta spenta e stanca, come un tarlo che la rode e fa spazio alla novità del Dio Santo.

Proteggete la nostra/vostra comunità: che il suo cammino sia segnato dalla solidarietà, dall’accoglienza e dal sostegno ai poveri che sono sempre con noi.

Che il respiro della comunità diventi ogni giorno di più, nonostante le tenebre fitte, aurora di speranza.

Autore/Fonte: Mons. Domenico D’Ambrosio