Mandato a portare il lieto annunzio ai poveri

Mandato a portare il lieto annunzio ai poveri

Data: 26/08/2010

Omelia per l’ordinazione presbiterale del Diacono Fabrizio Gallo Ugento 26 agosto 2010

Carissimi tutti,
il mio saluto e l’assicurazione della mia preghiera è per tutti voi. Questa vostra comunità in questo anno ha vissuto un momento di grande sofferenza perché il Signore ha voluto per il Regno il suo Pastore, il Vescovo Vito. Ma lo stesso Signore che toglie per donare, vi fa vivere l’immensa gioia e il dono di tre nuovi Sacerdoti. Giovedi scorso Giorgio Margiotta e Antonio Riva della Parrocchia di Tiggiano hanno ricevuto l’ordine del presbiterato. Questa sera un vostro fratello e figlio, Fabrizio Gallo viene scelto per l’ordine del presbiterato.

Alla vostra gioia, alla gioia di tutti noi si unisce, con la preghiera d’intercessione, il pastore buono e fedele, Mons. Vito. Non possiamo non avvertire la sua presenza e l’ afflato pastorale che per dieci anni vi ha donato con generosità impagabile, fino alla fine.

Questo vostro figlio Fabrizio, scelto dal Signore Gesù, questa sera, confortato dalla preghiera di tutta la sua comunità , riceverà attraverso l’imposizione delle mie mani il dono dello Spirito e sarà configurato a Cristo sommo ed eterno Sacerdote per annunziare il vangelo , celebrare i misteri santi, guidare il santo popolo che a lui sarà affidato.

Ora anche noilasciamoci guidare dalla Parola di Dio per comprendere la ricchezza del segno che stiamo celebrando e l’abbondanza di grazia che è per Fabrizio e per tutti noi, assemblea santa da Dio convocata e radunata.

1. Il coraggio dell’Apostolo

“Avendo questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo….senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunciando apertamente…” (2Cor4,1-2).

Quello che stai per ricevere, carissimo fratello e figlio, è il ministero che Paolo presenta come ministero dello Spirito e della gloria. Questo ministero ha come oggetto Gesù, Messia e Signore, ha come compito quello di far risplendere nel mondo la bellezza di Dio che brilla sul volto del Cristo.

Questo ministero, fratelli presbiteri, ha delle esigenze rigorose che gravano sui nostri atteggiamenti e comportamenti. C’è bisogno di costanza, di fortezza, di sincerità, di umiltà, di servizio.

All’origine c’è, lo dice l’Apostolo, la misericordia di Dio che ci è stata usata: un atto di amore ma anche di fiducia, quello del Signore che vuole servirsi di cooperatori umani. Vuole aver bisogno degli uomini. Ma proprio perché uomini fragili, deboli, inclini al peccato, siamo esposti al rischio dello scoraggiamento, dello scoramento, della delusione, della paura di fronte alle prove e questo sia per la sproporzione tra il poco che possiamo fare e la grandezza del mondo a cui siamo mandati, ma anche per la chiusura di molti all’annuncio della parola che smaschera le ipocrisie e mette a nudo le incoerenze e le contraddizioni in cui a volte siamo come impastati.

Nel ministero dell’annunzio non poche volte troverai anche tu, come Paolo nell’Areopago di Atene, quelli che, dopo aver ascoltato dalla tua bocca la Parola, arricceranno le spalle, te le volteranno biascicando un: “Su questo ti sentiremo un’altra volta” (At17,32).

La fedeltà al ministero che ti viene affidato non ti consente di arretrare, di chiudere la bocca alla Parola che ti viene consegnata. Non c’è posto per freddi, calcolati conti sull’opportunità e meno : clama, ne cesses. Ricorda la parola di Paolo a Timoteo: “ Ti scongiuro…insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento”. (2Tm4,1.2). Ricorda la parola rivolta a Geremia: “Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che ti ordinerò. Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti” (Ger1,7-8).

Oggi è aumentato il numero di coloro che posseggono la parola e la sanno far passare come buona, vera, efficace. con le sottili arti della persuasione fanno breccia e convincono dando passare per vero anche il falso. Dalla nostra parte c’è la Parola da annunziare che non può essere frenata nella sua efficacia e novità dalle nostre paure di immetterci nell’agone dei parolai. La Parola che annunziamo è Logos, è Verbum ha ben altro da offrire della semplice parola che ridonda come suono e come flatus vocis. Parola che dà vita, che genera, che realizza ciò che annunzia. Le nostre paure e il nostro poco coraggio non possono fermare la novità creatrice e rigenerante del Verbum.

2. Portare il lieto annuncio ai miseri

Ben conosciamo questo testo del Profeta Isaia per l’uso che ne fa Gesù nella sinagoga di Nazareth. Il profeta in questo testo ha come suo unico compito quello di ricostruire e consolare. Ai cuori spezzati, ai prigionieri, agli afflitti, il profeta si presenta come il liberatore. Gesù, ci ricorda l’evangelista Luca, nella sinagoga, dopo aver riavvolto il rotolo, comincia a dire: “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato” (Lc4,21). E’ giunto il tempo in cui Dio vuol porre fine alle situazioni disumane, al male intollerabile che gli si innalza davanti quasi come una sfida alla sua giustizia e di cui sono vittime i piccoli, i poveri. Credo che da questo annuncio noi cristiani abbiamo da imparare non tanto l’ideale della povertà ma che i poveri devono essere oggetto di un amore del tutto particolare.

Caro Fabrizio, ricorda questa parola che nel giorno della tua ordinazione presbiterale hai voluto quasi come messaggio e programma del tuo ministero che dovrà ricostruire e consolare.

Dovrai rimanere accanto agli afflitti, a coloro che hanno fatto a meno di Dio e vagano nel tormento di una vita che non riescono a ricomporre, frammentata e divisa dalla tragica esperienza del peccato.

Ai tanti che saprai accogliere per ridonare, con la forza del perdono, una via nuova, annunzierai il mistero dell’amore misericordioso che non condanna ma accoglie, ricrea e ricostruisce riportando all’unità i frammenti di una vita divisa e dispersa.

Il ministero del perdono , della riconciliazione e della consolazione, dovrà trovare spazio sicuro e attento nel tuo servizio Sacerdotale. Non ti accodare ai tanti che non hanno tempo per ascoltare perché hanno da preparare, programmare una pastorale al passo dei tempi. Non ci si confessa come una volta perché diciamo che è in crisi il senso del peccato. Sarà vero ma prendiamoci le nostre responsabilità e confessiamo alla Chiesa e ai fratelli che c’è anche la crisi dei Sacerdoti che attendono e accolgono i peccatori. Il Santo Curato d’Ars e San Pio da Pietrelcina hanno svelato il volto dell’amore di Dio che perdona e risana ridonando pace e gioia e forza per un cammino di novità e santità ai cercatori di Dio che solo può dare risposte che risanano, reintegrano, danno pace.

A questi due santi Sacerdoti si può applicare quello che un agiografo dice di S. Domenico: apriva la bocca solo per parlare con Dio o per parlare di Dio. I luoghi che scandivano e rendevano credibile il loro essere epifania della misericordia del Signore, erano l’altare e il confessionale.

Che questi due luoghi, segni eloquenti della passione di Dio per l’uomo, identifichino e rendano fecondo il tuo ministero Sacerdotale.

3. Io sono il buon pastore

Gesù non parla dei pastori; lui stesso è il pastore. Commentando questo testo K. Barth diceva: “non abbiamo inteso uno che ci ha parlato del buon pastore, ma abbiamo inteso uno dire di se stesso, definirsi da sé: Io sono il buon pastore… Colui nel quale qui e adesso ci imbattiamo è il Signore, colui che è nel mezzo della nostra vita. …. Ancora una volta, lo sappiamo o no, Gesù è il Signore in mezzo ai popoli, in mezzo agli sconvolgimenti e alle catastrofi della storia, e chiama, raduna, dirige, illumina e consola la sua santa chiesa“.

Molto spesso diciamo che noi Sacerdoti siamo pastori. Ma siamo ben consapevoli che solo Cristo è il pastore e custode delle nostre anime (cf1Pt2,25), La Chiesa, ci ricorda la Lumen gentium, è il gregge di Dio e le pecore, anche se governate da pastori umani, sono però incessantemente condotte al pascolo e nutrite dallo stesso Cristo, il Pastore buono e il Principe dei pastori” (n.6).

Dunque non siamo pastori, ma dobbiamo rappresentare, ripresentare il Pastore buono. Non abbiamo altri modelli. Cristo pastore è il nostro modello unico. Il gesto che autentica questo nostro essere sua immagine, è la parola di Gesù: “Il buon pastore dà la propria vita per le pecore” (Gv10,11). Ricordavo giovedì scorso che dare, offrire la propria vita è la misura di ogni vera bontà.

Se non sarai disposto, se noi Sacerdoti non siamo disposti a dare la vita per coloro che ci vengono o ci sono stati affidati dall’unico e vero Buon Pastore, siamo dei mercenari: “il mercenario che non è pastore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge”( Gv10,12 ).

Dovrai guardarti sempre dalla tentazione del mercenariato sempre in agguato e forse anche presente nella Chiesa. Il mercenario è colui che non sa amare fino in fondo, con una generosità piena, con una gratuità a tutta prova. Cura e cerca i propri interessi. Se serve, dilata anche il conto in banca, visto il regime di crisi economica che stiamo attraversando. La Provvidenza ci dovrebbe bastare, anzi va ben al di là del pane quotidiano. Le misure che da alcuni anni ci garantiscono anche sul piano materiale, possono farci smarrire il senso della gratuità piena nel nostro ministero ed esporci al rischio di quantificare in termini materiali e di ritorno gratificante – è la logica del mercenario – ciò che è frutto di amore fino alla fine, fino al dono della vita.

Esempi di questi pastori, caro fratello e figlio, ne avrai incontrato nella tua vita, anzi sono fra i tuoi fratelli presbiteri che condividono la gioia di questo momento di grazia. Con loro e da loro cerca di apprendere la generosa gratuità del ministero che ti viene affidato e che da oggi dovrai donare, senza limiti, senza calcoli, senza interessi, con quella carità pastorale che è “il dono di sé, il totale dono di sé alla Chiesa, ad immagine e in condivisione con il dono di Cristo” (PDV 23).

Cristo Buon Pastore, oggi ti vuole a sua immagine: accogli con stupore grato il suo dono e la riposta che è lode e benedizione, si connoti della quotidiana fatica per un Sacerdozio santo e santificatore.